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      Se ponete questo primo dato vicino a quell'altro, che è il decreto che graziosamente emana urbi et orbi a tutta una metà del genere umano, col quale le vietate di porre in carta le proprie idee e comunicarle al pubblico, eccettuate quelle poche alle quali si accorda benignamente brevetto di privativa dietro certi considerandi, caro mio Torquemada in sessantaquattresimo, vi vedo spuntar sotto il naso due irti mustacchi e far capolino dalle tasche del tunichino il manico della durindana.
      Altri sintomi aggravanti. Le vostre ripetute ammirazioni pei Cesari ed i Napoleoni, pei Mirabeau, pei Danton e pei Robespierre, come se tutti questi che ebbero bisogno di mezzo mondo per farsi largo, non fossero stati uomini come tanti, alle cui passioni comunissime le circostanze servirono mezzi non comuni. Le vostre decise e rabbiose antipatie per tutte le donne che mostrarono soverchia autonomia d'intelletto e d'azione e soprattutto per quelle che rivaleggiarono coll'uomo nel nobile maneggio della durindana. I vostri istinti mal dissimulati a disciplinare il sesso femminile come una truppa di linea. Siamo dunque intesi, don Elviro, individuale o collettivo che siate! Un'altra volta fatevi aiutare dal correttore della tipografia a rivedere attentamente il manoscritto, acciò non vi scappino delle idee troppo compromettenti o rilevanti, per esempio sul gusto di questa a carte 22.
      «Casta per natura, la donna, checché ne dicano in contrario (avvertano i lettori che è Proudhon che sostiene quel contrario), vi fa respirare nei suoi scritti un'atmosfera d'impuri desiderii.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





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