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      Avrei capito che posta la questione in un Parlamento sorgessero questioni di modo, di misura, di opportunità. Ma non potevo accettare restrizioni e misure in un Comizio dove la questione non si presentava e non poteva presentarsi che come principio.
      Da oltre un secolo la Costituente proclamava i diritti dell'uomo e oggi ancora se ne discute la possibilità, il modo e la misura d'applicazione. Si poteva ragionevolmente temere che all'indomani della proclamazione del voto della donna il mondo ne andasse sossopra? Epperò esclamai: «Quando la democrazia esitasse davanti alla franca affermazione di questo canone fondamentale qual è la ricognizione del diritto umano in ogni persona umana, essa sarebbe tanto illogica e mostrerebbe tanta incoscienza di sé da cadere nel ridicolo e nella impotenza.»
      E finii con queste parole:
      «Se temeste che il suffragio affermato alla donna spingesse a corsa vertiginosa il carro del progresso sulla via delle riforme sociali, calmatevi! V'è chi provvede freni efficaci - v'è il Quirinale - v'è il Vaticano - v'è Montecitorio e palazzo Madama - v'è il pergamo ed il confessionale - v'è il catechismo nelle scuole e v'è... la democrazia opportunista!»
      Il mio ordine del giorno fu votato alla quasi unanimità. Alcuno disse per sorpresa. Non posso crederlo. Era stato letto tre volte. L'assemblea respinse la chiusura proposta da qualcuno - respinse a grande maggioranza gli ordini del giorno puri e semplici e sospensivi, e li respinse con prontezza e chiarezza. Evidentemente accettava il principio.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





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