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      Non sarebbe dunque la legge piú conseguente all'indirizzo generale del pensiero moderno, se, smettendo la vecchia mania delle presunzioni e degli a priori, non decretasse piú le capacità e le incapacità ma facesse grazia di supporre la razionalità a tutti i cittadini, uomini e donne, fino a prova in contrario?
      E non si conformerebbe meglio alla teoria dello Stato il legislatore, laddove considerando che la sola natura è la motrice e conservatrice della società coniugale ed affidandosi agli elementi simpatici ed equivalenti da essa cementati dichiarasse dover essa svolgersi liberamente nel suo interno e rappresentarsi da entrambi i coniugi nella città e nello Stato, o dall'uno dei due indifferentemente purché produca il consenso dell'altro?
      Quale pratica impossibilità si vedrebbe nell'esercizio della patria potestà per parte d'entrambi i genitori, dacché la natura ha disposto perché l'autorità loro sia diversamente manifestata da essi e diversamente sentita dai figli, stando qui, come dovunque, la legge a semplice guardia dell'abuso?
      E qual tarda ma urgente giustizia farebbe il legislatore se, non dimenticando ad ogni terzo momento che il diritto senza dovere è tirannia, rivedesse un po' le buccie a quel diritto di assenza del marito, forte del quale, egli abbandona la moglie e i figli alla provvidenza, disertando bravamente tutti i suoi doveri, e torna poi quando gli pare, non sempre coperto di gloria come Ulisse, ma con la pretesa però di trovar sempre una Penelope?!
      Le condizioni della donna nella città non abbisognano meno di revisione.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





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