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      Ho io bisogno quindi di dirvi, o lavoratrici, che, se associandovi come tali, nella battaglia coi vostri compagni, voi obbedite alla stessa legge, cui essi obbediscono, e lo fate con maggior ragione perché lo sfruttamento che si fa delle vostre membra delicate è ancor piú intenso: avete per dippiú il diritto, il dovere, in nome della dignità e libertà umana, di ribellarvi contro le tante diminuzioni della vostra personalità giuridica, sociale e domestica, di cui tutte le passate e presenti civiltà furono cosí feconde per la donna?
      Io lo so, che, pur troppo, se lo sfruttamento che si fa dell'uomo nel presente regime capitalistico è enorme, quello che si fa di voi è doloroso, è iniquo e commove profondamente a pietà ed indignazione.
      Tuttavia, non lasciate il vostro posto di lavoratrici, respingete ogni legge inopportunamente o ippocritamente protettrice. Siete già troppo tutelate, protette, custodite, difese.
      Tutta questa paternità e maternità che vi si impone non richiesta, che vuole ad ogni costo esercitare intorno a voi, e sopra di voi un protettorato in ogni ordine, atto, fatto e momento della vostra vita; che ha, volta a volta, per delegati, e rappresentanti il padre, il marito, il confessore, il magistrato, il poliziotto, la scuola; che v'inculca la fede, il rispetto, il timore, il riserbo, l'umiltà, la passività, l'affetto virtuoso alle pareti della vostra casa, anche quando è una tana, tutti in una volta li effetti concentrici e negativi che annichiliscono e polverizzano la dignità e personalità umana; tutto questo insieme opprimente, asfisiante, ammolliente, deleterio è quello appunto che costituisce la vostra eterna servitú.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272