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      In prospettiva si creavano insieme le istituzioni scolastiche e i loro critici: contro la realtà di un indottrinamento pietrificante e di una gerarchia burocratizzata, lo spirito critico diveniva un'esigenza di massa), i reazionari favorivano la tendenza opposta, alimentata dalla borghesia per le necessità dello sfruttamento, a protrarle nel tempo e ad accentuarle (il lavoro a domicilio non fu «dissolto», ma piuttosto integrato all'industria e massificato). Ma come il pregiudizio antifemminista, di origine lontanissima (si può anche risalire, come faceva Engels, all'origine della società divisa in classi, coincidente con la «disfatta storica del sesso femminile»), mantenuto dalla borghesia se non altro per mantenere le discriminazioni salariali - ma le ragioni sono poi le stesse di ogni altra discriminazione - finiva per vivere di vita propria e andava a nutrire la prospettiva dei ritorni reazionari, cosí anche la lotta contro il «pregiudizio» fatta propria dalle forze sociali e politiche che la rivoluzione borghese aveva creato - la classe operaia e il suo partito politico - manteneva viva nei socialisti l'idea di quella società di liberi ed eguali che la socializzazione dell'economia aveva il fine di creare.
      Alla Mozzoni mancava forse una qualsiasi conoscenza del marxismo. Ma le bastava rivendicare i diritti individuali partendo dagli individui «assoggettati», vale a dire dalle donne, per avviare nella direzione giusta un problema che resta tra i principali del nostro tempo, perché resta appunto tra i problemi del socialismo, che soltanto sul terreno del socialismo può trovare soluzione.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





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