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      In quel mentre che loro due camminavano, il servitore steva col broncio e come sopra a pensieri, e nun sapeva capacitarsi di dovere ammazzare come un cane quella bellissima creatura, e mulinava infra di sé un ripiego per salvare capra e cavoli.
      In nel frattempo giunsano in vetta al poggio nel più folto del bosco. Qui il servitore si buttò in ginocchioni e con dimolte lagrime si mettiede a raccontare alla Bell'Ostessina quel che la su' mamma gli aveva comandato. Alla Bell'Ostessina, in nel sentire le parole del servitore, gli si diacciò tutto il sangue, e si dubitava che fuss'un brutto scherzo e una invenzione di lui; ma il servitore giurò che pur troppo 'gli era tutto vero il su' dire, e che bisognava pensare al rimedio, sicché l'Ostessa nun si rifacessi con la su' pelle, se disubbidiva e nun s'arrapinassi poi per rinvenire la figliola e finirla, caso mai lei s'accorgeva che nun l'aveva morta.
      La Bell'Ostessina disperata scramò:
      - Piuttosto che vivere accosì odiata dalla mamma, preferisco morire. Ammazzanti via, e eseguisci senza indugio il su' comandamento.
      Ma il servitore gli arrispose:
      - Ma vi par egli ch'i' sia tanto ispietato e birbone? I' v'ho menato apposta qui per salvarvi, e vi salverò a tutti i patti.
      'Gli oran lì que' dua in sul contrastare, quando apparse un pecoraio con dimolti agnellini nati da poco. Al servitore gli nascette il pensamento di comperarne uno, scannarlo e levargli il core, e portar questo assieme col sangue all'Ostessa col [45] dargli a intendere che fussano il core e il sangue della su' figliola.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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