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      Que' servitori feciano per l'appunto accosì; la Bell'Ostessina ci credette per davvero alle bugie, pigliò i panni e la corona, e salita nella su' cammera si mettiede ugni cosa addosso: ma, poera disgraziata, doppo pochi mumenti cascò di stianto giù per le terre e moritte insenza accorgersene nemmanco.
      Eccoti che riviene a casa la vecchia Fata, e trova quella brutta tragedia; sicché imbizzita scrama:
      - Tu l'ha' proprio volsuta, e se tu sie' morta, peggio per te. Ora poi nun ti rinvivisco più. Ma anco per tu' colpa questi be' loghi tu me gli ha' fatti vienire a noia. Dunque, tutto è finito.
      Piglia in sulle braccia la ragazza morta, fabbrica con la su' arte un ricco catafalco in nel mezzo del salone, lo assetta all'intorno con de' ceri accesi, sopra ci sdraia la Bell'Ostessina co' su' vestiti alla reale e la corona in sulla testa, e, doppo serrate le finestre del palazzo, comanda che dientro ci sia per tre anni di fila un servizio abbondante da fare a tre principi: finalmente, perché il palazzo nun lo ritrovino, trasficura con la su' bacchetta fatata il logo della selva, e tirato a sé l'uscio se ne portò via la chiave con [49] seco, che, vienuta in riva del mare, ce la buttò in fondo e dietro a quella gli andiede anco lei in nelle case de' pesci.
      Il Re, che, se nun s'è detto si dice ora, gli era un bel giovanotto scapolo, riviense a caccia per que' soliti loghi; ma rimanette isbalordito, perché nun gli rinusciva trovare le medesime strade e il palazzo della Bell'Ostessina: lui non si sapeva raccapezzare come mai fuss'accaduto tutto quel trasmutamento.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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