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      Per su' fortuna il Re tieneva al servizio diversi pescatori, che gli fornivano ne' giorni di maghero il meglio pescio marino. Un Vennardì, nun si sa in che modo, del pescio nun potiedano pigliarne punto, sicché il coco fu ubbligato di cercarne alla pescheria della città; ma nun trovò che un pescio smenso, di gran costo, e bisognò che gli spenditori comprassin quello in mancanza d'altro: quando poi il coco principiò a affettarlo quel pescione, figuratevi la su' meraviglia, in nel rinvienirgli dientro al capo una grossa chiave. Diviato la portano al Re: lui però nun sapeva che chiave era quella e che uscio apriva; ma in nel sospetto che potess'essere la chiave di qualche palazzo incantato, fece deliberazione di tienerla ugni sempre con seco attaccata al collo a una catena d'oro.
      Infrattanto il Re nun si deva pace e badava a ricercare il palazzo della Bell'Ostessina; lui era mezzo ammattito dalla disperazione. Che ti fa? Un giorno piglia in su' compagnia du' servitori fedeli, e tutti assieme con lo stioppo da caccia a armacollo nuscono a levata di sole; e cammina cammina per il paese e per delle boscaglie dimolto fitte, gli acchiappò la notte, e dal buio, addove mettevano i piedi tramezzo agli alberi e agli spini nissuno lo poteva dire. Si diedano per ismarriti; e infatti il Re lo perdette uno de' servitori, e accosì a tentoni, sbatacchiandosi di qua e di là, que' da' rimasti s'arrapinavano a trovare la strada.
      Deccoti, a un tratto al Re gli parse di vedere lontan lontano un chiarore, sicché s'avviò a quella parte col su' compagno, e doppo gran fatica, stracchi, strafelati e tutti intirizziti dal freddo, arrivorno alla porta di un palazzo; ma picchia e ripicchia, nissuno gli apriva.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





Vennardì Bell'Ostessina