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      Guà, a forza di domande quelle spie scopersano tutta la verità, e il Re, stizzito a bono per il tradimento, comandò che subbito il ragazzotto si serrass'in una prigione fonda, che rimaneva appunto sotto la sala de' conviti nel palazzo reale.
      Il ragazzotto si trovò d'un tratto in nella prigione, quando invece pensava di diventare genero del Re; e dientro a quel brutto logo c'erano anco altri diciannove carcerati, che in nel vederlo entrare gli diedano il "benvenuto" con grand'allegria; e lui a raccontargli il caso suo, e chi lo sbeffeggiava e chi n'aveva compassione. Si sa, la gente nun è tutta a un mo'.
      Doppo un po' deccoti il carcerieri col mangiare; pan nero, e, a mandarlo giù per la gola, de' secchi d'acqua stietta. Disse allora il ragazzotto, una volta che il carcerieri se ne fu andato col chiuder la porta a catenaccio:
      - Gnamo, buttate via codesta robba, ché ce l'ho io un bel desinare per tutti.
      Scramano que' carcerati:
      - Oh! che buffone! tu pari matto. Come vo' tu fare a darci tavola imbandita?
      Arrispose, insenza sgomentarsi, il ragazzotto:
      - State a vedere: - e spiegacciato il tovagliolino di filo comandò forte: - Su, tovagliolo; apparecchia per venti.
      Detto fatto, apparse un bel desinare per venti, ché nun ci mancava proprio nulla; neppure del meglio vino: i carcerati a quella vista scaraventorno via il pan nero e l'acqua e papporno [57] a crepapelle. Il carcerieri infrattanto ugni giorno trovava il pan nero e l'acqua per le terre, e nun sapeva che lunari almanaccarsi, perché nunistante que' carcerati erano vegeti e vispoli sempre più; fece dunque pensieri di raccontare questa maraviglia al Re.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665