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      Insomma, portata la zuppa in tavola, il cane lesto al solito addenta la tovaglia, tira ugni cosa sul solaio, sfragella l'apparecchio e scappa più del vento. Gli ebbano un bell'ansimarsi le guardie e i [67] servitori, ché nun gli potiedan dar dietro e lo persano di vista.
      Al terzo banchetto disse il giovane al cane:
      - To', Fido, corri e fa' il medesimo dell'altre volte; ma questa, lassati pigliare all'uscio di cammera mia.
      Il cane stiede agli ordini, e le guardie quando presano il cane a quel modo, sentito che 'gli era di quel giovane, pure lui l'arrestorno e lo menorno davanti al Re.
      Il Re in nel vedere il giovane lo ricognobbe, e gli disse:
      - Nun sie' tu quello che ti profferisti di salvare la mi' figliola dal Mago e libberare da quel fragello tutta la citta?
      - Sì, Maestà, i' son io, - gli arrispose il giovane; - e di fatto i' feci com'i' avevo promesso.
      A quelle parole s'alza inviperito il ciabattino e principia a bociare:
      - Nun è vero, nun è vero. I contrassegni dell'ammazzamento son io che gliegli ho porti al Re, e il Mago l'ho morto con le mi' propie mane.
      Il giovane però senza sconturbarsi si arrivolse al Re e gli dice:
      - Bene! che si portino qui le sette teste mozzate del Mago e si vedrà chi ha ragione.
      A male brighe le sette teste le depositorno a' piedi del Re; fa il giovane:
      - Oh! guardate un po' se queste teste abbino le su' sette lingue dientro la bocca.
      Ma siccome le sette lingue nun ce le trovorno, il giovane tirò fora di seno il pannolino addove lui l'aveva rinvolte, e poi per filo e per segno raccontò quel che gli era accaduto.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





Fido Mago Maestà Mago Mago