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      Tutte d'accordo, insomma, aspettorno dunque la mattina della cirimonia.
      All'ora fissata la Corte steva 'n cappella e si fece lo sposalizio con le debite funzioni, e poi la sposa se n'andette in cammera sua.
      Il Re, a dir vero, sempre più rimaneva in nel vedere che la su' sposa rassomigliassi tanto a Bell'-e-fatta; ma perché sapeva d'averla lasciata a casa, e poi in sulla mana della sposa nun c'era il neo di Bell'-e-fatta, lui pensava che fuss'un caso quella rassomiglianza. Quando poi sentiede che la sposa nun scendeva a desinare fu un po' annoiato; ma si rimettiede alla sera a cena in nel trovarsela accanto.
      Il fatto è che la Regina diede alla sposa la bottiglia del vino e gli disse in quel mentre:
      - Via, figliola mia, mescete da bere al Re vostro sposo e fategli onore.
      Bell'-e-fatta prese la bottiglia e mescette da bere al Re; e lui doppo un po' di bere cominciò a sentir voglia di dormire. S'alza dunque e dice:
      - Mi par tempo d'ire a letto. Gnamo via, bella sposa.
      Allora gli accompagnorno gli sposi alla su' cammera e serran la bussola.
      Quando gli sposi furno dientro in cammera soli, abbeneché il Re avessi sonno, c'era un divano, sicché fece qualche complimento alla sposa, e ci si prese delle confidenzie; poi per mostrargli la su' contentezza gli regalò du' pomi d'oro.
      Dice doppo:
      - Via, gnamo a letto, ché casco dal sonno.
      [102] Dice Bell'-e-fatta:
      - Faccia pure, Maestà, ma mi permetta di dire prima le mi' orazioni.
      E il Re:
      - Come vi garba.
      Ma lui si spogliò subbito e a mala pena nel letto s'addormentò che pareva un ghiro.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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