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      Oh! 'gli è quello il vero momento d'aprire la cassetta del tavolino che è lì a terreno, agguantare la scatola con dientro le Melangole e raccomandarsi alle gambe per riattraversare il cancello; perché la Fata dal giardino nun pole sortire. Bada te, moglie, s'egli è ma' possibile la riesca a bon fine una simile 'ntrapresa!
      L'Orco, doppo aver fatto quel discorso, s'addormentò come un chioppo, e il Principe 'ntanto 'gli aveva scritto tutte quelle notizie sur un foglio per nun se ne scordare; poi nuscì dal niscondiglio e con una bona mancia all'Orchessa lei la gli diede i pani, lo spago e le setole, la fune, la granata nova e il fiasco dell'olio; e il Principe mettiede tutte le robbe in un panieri, si avviò in verso la montagna, e, sali sali, la mattina fu 'n vetta.
      Lì, che ti vo' vedere? deccoti i cani, che parevano il nabisso; ma il Principe, lesto, tira fora i pani e glieli butta:
      - Tienete, tienete, poere bestie! Vo' avete fame, eh!
      Più 'n là c'era il ciabattino, che arrabinato rassettava un par di scarpe rotte; ma nun ne vieniva ma' a capo. Come 'gli aveva da fare insenza lo spago e le setole?
      Alza gli occhi lui e subbito bocia al Principe:
      - Vieni, vieni qua, ch'i' t'accechi con questa lesina.
      Dice il Principe:
      - Ma i' v'ho porto setole e spago per lavorare. Tienete.
      Il ciabattino s'abbonì e il Principe via.
      Doppo pochi passi la donna che tirava su l'acqua co' capelli gli urlò:
      - Oh! appunto te, ché delle tu' budella mi vo' fare una bella fune.
      Ma il Principe insenza 'ndugio gli porse la fune, e lei tutta contenta lo lassò passare alla [115] libbera.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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