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      Ora, bisogna sapere che quell'orto l'avea nel su' possesso l'Orco, e quando lui sortì da letto e vedde lo sciupinìo del prezzemolo, gli prese una gran passione e principiò a berciare alla su' moglie:
      - Scendi giù, Catèra! Vieni e vedi, che m'hanno rubbo il prezzemolo. Ladracci 'nfami! Almanco, se gli bisognava, me l'avessin chiesto! Ma rubbarmelo è stato da birboni. S'i' vi scopro!... S'i' vi scopro!... E da tornare vo' ci aete.
      Anzi lui in questa credenza rizzò lì 'n disparte un capanno ricoperto con delle frasche verdi, e ci si mettiede a far la guardia al su' prezzemolo.
      In capo a otto giorni il prezzemolo la donnetta pregna l'aveva bell'e finito, sicché dunque il garzone col su' sacchetto e il falciolo riviense di niscosto all'orto dell'Orco per farne un'altra provvista; ma a male brighe che lui principiò a segare, deccoti salta fora l'Orco e l'agguanta per il collo:
      - T'ho chiappo, malandrino! - scramò con una vociaccia da metter paura a un sacco di Madonne.
      - E ora nun c'è scampi, e tu me l'ha' a pagare con la tu' pelle.
      E 'n quel dire lo strascica 'n casa e lì lo sbatacchia per le terre con idea di finirlo; e gridava:
      - Gnamo, corri, Catèra, s'ha da mangiar subbito.
      Il garzone a quegli strapazzi si credé morto, ma poi gli prese un animo, s'arrizzò 'n ginocchione e si diede a raccontare la su' storia all'Orco; e seppe lui accosì arraccontarla bene e con tante lagrime, che l'Orco si sentette intenerire e disse:
      - Ti perdono, via! ma a un patto.
      - Dite pure, - gli arrispose il garzone rinfranchito: - v'accordo ugni cosa, purché mi lassate arritornare dalla mi' poera donna.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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