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      E in quel mentre lei con la bacchetta fatata fece comparire un lago e tutti e dua ci s'attuffano dientro, sicché la Prezzemolina diventò una lasca e Giannino figliolo del Re an bel luccio, e loro navicavano nell'acqua a più non posso.
      In du' salti l'Orco viense in sulle sponde del lago. Dice:
      - Questa volta nun mi scappate. V'ho cognosciuto! - e per acchiappargli meglio con le su' manacce, si buttò diviato nel lago.
      Ma fu tutto inutile: lui pigliava il luccio e il luccio via, gli sguisciava d'intra le dita: pigliava la lasca e quella il medesimo. Si sa, i pesci sono a quel mo' tutti moccicosi, e in nelle mane nun ci stanno.
      Sicché dunque l'Orco impermalito sortì fora dall'acqua, e poi disse a que' pesci:
      - Vi maladico. E te, che t'avevo rileva come figliola, ti maladico per la prima. Sie' maladetta da me. E lui, il tu' damo,
     
      A un'osteria ti lasserà,
      E quando su' madre lo bacerà
      Di te si scorderà.
     
      E se n'andette doppo insenza voltarsi né in qua, né in là.
      Quando la Prezzemolina e il figliolo del Re furno ritornati nelle su' persone di prima e che erano a male brighe lontani cinque miglia dalla città reale, disse il giovanotto:
      - Senti, Prezzemolina! Io a questo modo nun ti ci posso menare al [174] palazzo del mi' babbo. Bisogna che lo faccia sapere alla Corte che ho trovo la sposa, e che poi ti vienga a prendere con la carrozza e le guardie in ficura di Principessa, e tu si' vestita da signora. Dunque, ti lasserò qui a questo albergo, e fra tre giorni al più i' sarò di ritorno, com'i' ho detto.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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