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      I barili gli scaraventorno per le terre, e loro arrivorno a casa con l'ansima e alleniti, tutti pesti con un palmo di lingua fora de' denti e più morti che vivi.
      [209] Quando poi si furno un po' rimessi, Manfane e Tanfane e' dissano fra loro:
      - Eppure questo giucco ci hae minchionato a quel Dio! E come lui ci hae minchionato! E per da' volte in fila. Ma gli s'ha a far pagare a questo birbone.
      Dice Manfane:
      - Ammazziamolo.
      Tanfane però s'apponette:
      - Che! 'gli ène fratello. Sarebbe un peccato troppo grosso d'ammazzare un fratello. Piuttosto sa' tu quel che ho pensato? Cuciamolo dientro un sacco e po' si porta in sulla spiaggia del mare, e lì o i pesci o l'acqua lo meneranno via, e accosì non se ne saperà più nulla.
      Presto sì trovorno d'accordo Manfane e Tanfane, e agguantorno allo 'mprovviso quello sciaurato di Zufilo, e lo ficcan per forza in un sacco, e ce lo cucian serrato alla rinfranta; poi di peso se lo caricorno addosso e, arrivi al mare, lo lassorno dibbandonato in sulla sciabbia.
      Era quasimente buio e Zufilo dientro al sacco mugolava e piagneva come quando uno si rammarica; sicché un pastore con delle pecore, che passava di lì vicino per rimenarle al chiuso e in quel mentre sonava uno zufilo, sentette a un tratto quel frignolìo e si fermò per cognoscere d'addove vieniva, e s'accorgette del sacco con quell'omo serrato. Dice:
      - Chi sie' te? E che ci fa' tene costì dientro? Chi siei?
      E Zufilo da furbo:
      - I' nun ho volsuto sposare la figliola del Re, e m'han barbo in questo sacco in sulla spiaggia del mare per insino a che i' nun dico di sì. Ma io la figliola del Re nun la voglio.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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