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      Dice:
      - Che canacci! Uno al macellaio e uno al contadino; nun son cani per me.
      Quello in scambio di Collo di Pecora gli parse una maraviglia; minuzzino, pulito e vispolo, scodinzolava e faceva le feste a tutti e saltava addosso alle persone con garbo: propio un gran piacere a carezzarlo!
      Guà! Collo di Pecora 'gli aveva vinto; in ugni mo' il Re disse a su' madre:
      - La mi' sposa sarebbe sempre Collo di Pecora. Ma che i' ho io a scerre la sposa per via d'un cane?
      - Eh! no, - dice la Regina, - è meglio far prima un'altra prova. Dagli a tutte e tre una camicia di tela da cucire. Termine otto giorni, e chi rinusce a cucirla al tu' piacimento, quella sarà la tu' sposa.
      Deccotele daccapo quelle tre donne serrate ognuna in nella su' stanza per il lavoro. Le du' camberiere ci si mettiedano con l'arco della stiena, giorno e notte, un punto ugni minuto, filo per filo, che ci persano quasimente il lume degli occhi; ma il cucito pareva un ricamo, nun era possibile di meglio.
      Collo di Pecora in scambio stiede sempre con le mane in mano a piagnere e a disperarsi, perché lei nun si credeva capace di cucire una camicia a garbo, e badava ugni tanto a chiamar su' madre che vieniss'a aitarla, e chiama chiama, quella finalmente gli apparse dinanzi alla mezzanotte dell'ultimo giorno fissato dal Re.
      Dice
      - Che vo' tu?
      - Ch'i' voglio? E aete core di domandarlo? - arrispose la su' figliola. - M'avete dunque dibandonato per l'affatto, e del vostro sangue nun ve ne' 'mporta più nulla? Aitatemi a stricarmi da questo 'mbroglio addove vo' mi avete messa.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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