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      Dice Pipetta:
      - Oh! quel terzo mucchio a chi tocca?
      Arrisponde il vecchino:
      - Si lassa in sulla pietra per quello che mangiò la corata della pecora.
      - I' l'ho mangia io! - scramò Pipetta.
      - O bravo! - disse il vecchio: - bravo bugiardo, che tu nun sie' altro! La 'ngordigia de' quattrini t'ha cavo la verità di corpo. Tiengli pur tutti, che per me nun ne vo' punti. I' nun n'ho bisogno e ti rendo anco i tu' tre soldi per nun aver nulla di tuo. Ma queste munete ti metteran fògo, e con meco nun ti ci voglio più. Va' in dove ti pare. I' credevo che te mi volessi del bene; ma si vede che di questa stirpe nel mondo nun ne campa. Tutti 'ngrati! Va' via, e arricòrdati almanco di quel ch'i' feci per ben tuo.
      E accosì loro si diseparorno, un di qua e un di là, come cane e gatto.
      A male brighe che fu solo Pipetta raunò i quattrini e poi si mettiede per il mondo a girare in ficura di gran signore; giochi, divertimenti, sciali d'ugni sorta, sicché presto gli diè fondo alla [279] su' ricchezza e si riducette quasimente al verde.
      Allora gli viense in capo di passar per un dottore, e capitato a una città, in dove sentì dire che c'era una ragazza, figliola d'un Re, tisica marcia, che nissuno l'aveva possuta guarire, lui credé di rinuscire a guarirla con la medicina del vecchino; e andato da quel Re, si profferse per quell'operazione. Fa preparare la stanza, il forno e la stipa, e serrato lì dientro con la malata, quando 'gli ebbe abbrustolito rosso il forno, ci buttò la ragazza a bruciare, e doppo tre giorni spazzò la cendere e la raccogliette in un mucchiarello.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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