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      - Che gli si dà a questa ragazza per il servizio che lei ci ha fatto? Che lei diventi la più bella del mondo e splenda quanto il sole, anco quando gli è nuvolo. E accosì sia.
      Ma la botta azzoppita scramò:
      - A me nun me l'ha fatta giusta! Lei ci aveva a badare di nun buttarmi per le terre e trepilarmi. Dunque, che lei diventi per su' gastigo una serpe quando lei vede il sole, e nun possa ritornar ma' donna che nentrando nel forno a brustoline.
      Torna la Rosina a casa co' gallonzoli mezzo allegra e mezza no; su' madre e l'Assunta rimaseno in nel vederla a quel mo' imbellita, e che lei risplendeva come il sole, sicché addove lei era ci si vedeva di notte quanto di giorno; e lei arraccontò tutto quel che gli era successo in nel rubbare i gallonzoli e sbarbar la rapa:
      - La colpa nun è mia. Almanco, fatemi la carità di nun mandarmi al sole, insennonò diviengo serpe.
      La Rosina dunque non sortiva ma' fora alla spera del sole, ma soltanto di sera allo scuro, oppuramente in nel tempo nuvoloso; e una volta che lei steva alla finestra di casa lavorando e cantava delle storielle, passò fistiettando per di lì il figliolo del Re, e vòlti gli occhi addove si partiva un gran chiarore, vedde questa ragazza che a guardarla soltanto accecava.
      Scrama:
      - Chi ma' pol essere una simile bellezza in questo capannuccio da contadini?
      Diviato va su in nella cammera e principia a fare delle domande, sicché la Rosina gli manifestò la su' disgrazia.
      Dice il figliolo del Re:
      - Non me ne' mporta di quel che vi pole succedere; ma i' ho delibberato che vo' diviengate la mi' sposa.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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