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      - Deccolo, deccolo il temerario! Vieni, vieni! Degli arditi ce n'ènno stati dimolti, ma a nimo gli rinuscì di passare.
      In ugni mo', il giovanotto, spinto dalla gran passione, si fece [291] coraggio e mettiede i piedi in sul ponte; e il primo fabbro a bucarlo nello stomaco, nelle braccia; ma lui con l'unguento guariva in nel mumento le piaghe. E accosì valicò il ponte, abbeneché quegli altri du' fabbri accaniti gli sforacchiassino le gambe, le mane e la testa.
      Quando fu di là dal ponte, il giovanotto si trovò dientro a un bellissimo giardino di piante e di fiori rari, con vasche piene di pesci di tutti i colori e uccelli che cantavano su per gli alberi, e una viottola guarnita di rose e di gelsumini menava a un palazzo stupendo, addove la prima porta 'gli era d'argento, e quella di mezzo d'oro massiccio, e l'ultima di cristallo.
      Il giovanotto con una bacchettina picchiò alla porta d'argento e subbito gli viense aperto. Che ti vo' vedere! C'era un branco di ragazze d'una bellezza propio di paradiso, che te lo pigliorno il giovanotto per le braccia e lo mettiedano in nel palazzo:
      - Bravo! bravo! qui nun ci si patisce di nulla e nun si fa che godere. Vieni, vieni dalla padrona che t'aspetta.
      - Accosì il giovanotto arritrovò la su' amante e steva con lei notte e giorno, e il tempo gli passava tra le delizie d'ugni sorta insenza che lui se n'accorgessi.
      Ma che volete! Anco il troppo godere agli uomini viene a noia. Il giovanotto principiò a ripensare alla 'mprumessa d'arritornare a casa fatta a su' madre e a su' padre, e volse andare a rivedergli.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665