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      Vienuto doppo alla presenzia del Re nell'osteria, gli diede a intendere, che lui il bambino l'aveva morto e butto nell'acqua del mare, e per prova gli profferse il fegato.
      Il Re a quella vista godé insino 'n fondo al core; prese quel fegato, che lui credeva fusse della creatura, e se lo mangiò tutto con gran rabbia, e scramava:
      - In sul mi' trono tu nun ce lo barbi 'l culo!
      Ma che vadia pure il Re a casa sua allegro e matto per la contentezza di quell'orrendo delitto!
      Tanto, quel che si scrive 'n cielo nun si scansa, e 'l su' destino a chi tocca, tocca, e rinusce ugni sempre a quel mo', come il Signore Iddio ha decretato.
      Torniamo dunque a quella creatura sciaurata lì a diacere dientro un cesto di stipa nel bosco e con la piaga sanguinante nel collo; la piaga imperò non era mortale, perché poi rinsanichì e gli lassò soltanto una ciprigna, che si sentiva a toccarla con le dita.
      La mattina doppo a levata del sole un signore di quelle parti girandolava a caccia co' su' cani, e quando i cani arrivorono al cesto di stipa, addove il bambino 'gli era stato messo dal servitore, deccoti principiorno a scagnare che pareva il finimondo. Il padrone corre là subbito, concredendo che vi [305] fosse la liepre al covo, e vede in scambio la creatura che ugnolava dalla fame:
      - Oh! - scrama, - Iddio e' m'ha provvisto! Appunto i' nun ho figlioli, e anco la mi' moglie sarà contenta di tienersi questo poero dibandonato per suo.
      Lo piglia dunque pian piano in nelle su' braccia e lo porta con seco a casa, e l'allegrezza di questo caso nun si pole ridire.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





Signore Iddio