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      Quelle du' bone persone l'allevorno la creatura per su' figliolo, sicché diviense grande e vegeto, e loro lo feciano 'struire da de' maestri 'sperti nel leggere e nello scrivere, e gli posan nome Fiorindo; e Fiorindo cresceva a vista d'occhio robusto e virtudioso, che era propio una meraviglia.
      Aveva Fiorindo in su' i tredici anni e assieme agli altri ragazzi del vicinato si divertiva a ruzzare; un giorno che giocavano a nocino lui perdette per il valsente d'otto quattrini, ma questi otto quattrini per le tasche nun ce gli aveva.
      Dice a' compagni:
      - I' vi pagherò domani.
      - Che! no' si voglion ora, - gli dissan quegli.
      Dice lui:
      - Ma con meco i' nun ce gli ho. Lassatem'ire a casa a chiedergli al babbo e alla mamma; loro son ricchi, sapete, e domani i' ve gli porto gli otto quattrini.
      - Dal babbo e dalla mamma? - arrisposan que' monelli sbeffeggiandolo.
      - Poero grullo! Nun son mica il tu' babbo e la tu' mamma que' signori che t'hanno rallevo 'n casa.
      - Come? Che discorsi fate voi? - scramò Fiorindo.
      Dicon loro:
      - Eh! dicerto. Ti trovorno in un bosco, lì dibandonato dientro un cesto di stipa con una piaga di coltello in nel collo, e se tu ti tasti e' tu ci trovi tavìa la ciprigna.
      A simili nove Fiorindo rimanette isbalordito e corre a casa, e volse sapere in che mo' le stevan le cose; e prega e riprega, finalmente gli palesorono tutta la verità.
      Dice Fiorindo:
      - Allora, s'i' nun son vostro figliolo vero, i' me ne vo' ire. I' vi ringrazio di tutto 'l bene che vo' m'avete fatto sino a qui, ma i' sono un bastardo e con voi nun ci vo' stare.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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