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      E siccome Gianni del possesso nun n'aveva, tutte l'entrate lui le cavava dalla lampana: pagava i mercanti a mesi; una stropicciatina alla lampana e la lampana buttava i quattrini secondo i bisogni per le carrozze, per i cavalli, per i servitori, e 'nsomma per ugni spesa giornaliera; e accosì lui tirò 'nnanzi per un bel pezzo.
      Ma per su' disgrazia Gianni la testa nun l'aveva sempre con seco, e po' con la su' moglie nun ci steva troppo d'accordo; sicché lui 'gli era sempre a girare di qua e di là, e la lampana la serbava accosì niscosta dientro un cassettone fra delle ciarpe e delle robbe smesse; la credeva più sicura a quel [323] mo', poero grullo!
      Un giorno dunque che Gianni era fora, viense a passare di sotto alle finestre del su' palazzo un rivendugliolo di quegli che comprano cenci e rottami d'ugni sorta. In nel sentirlo urlare per la strada, la camberiera della Principessa andiede a trovarla e gli domandò, se lei voleva dar via quel che c'era di vecchio per la casa.
      Dice la Principessa:
      - Sì, sbrattiamo della robba inutile il palazzo.
      Si messano tutt'addua a rinfrustare tutti gli armadi e i cassettoni, sicché trovorno anco la lampana d'ottone, e, concredendo che non fusse bona a nulla, la vendiedan per pochi soldi a quel merciaiolo ambulante.
      Quando però si viense alla fine del mese, che Gianni doveva fare i soliti pagamenti, cerca di qua, cerca di là, la lampana nun la trovò più addove lui la tieneva, e tutto isbigottito corse dalla moglie a sentire, se lei quella lampana l'avessi ma' vista.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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