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      Ma arrivo il tempo fissato da su' padre l'Ebreo, i contadini con l'animo in iscombussolo gli aspettavano ugni mumento di [325] vederselo apparir lì a ridomandargli la figliola. Nunistante degli anni ne passorno tavìa undici, ne passorno dodici, ne passorno tredici e quattordici, e l'Ebreo nun comparse; lo credettano morto addirittura.
      Dice la donna:
      - Mi pare che si sia traccheggio abbastanza e l'Ebreo non s'è visto. In scambio di dieci degli anni n'èn' fuggiti quattordici; dunque, nun s'ha più a trandugiare al battesimo di questa bambina.
      Difatto, la feciano dapprima 'struire per bene alla chiesa e doppo la battezzorno con gran trionfo e baldorie, e la gente c'era fitta com'il lino allo spettacolo della cirimonia, e alla bambina gli messan nome Uliva. E siccome que' contadini la riguardavan per su' figliola legittima, pensorno di mandarla a scola, che imparasse i lavori da donna e anco a leggere e scrivere; e l'Uliva in poco tempo si sfranchì, e quando la fu a diciott'anni, lei era propio una ragazza ammodo, aducata, bona e bella, sicché ognuno ne rimaneva incantato a scontrarla per istrada e parlarci d'ugni cosa.
      Oramai tutti gli stevan contenti e insenza sospetto da que' contadini, quando una mattina senton di repente picchiare all'uscio di casa, e a male brighe che ebbano aperto, deccoti ricognoscono l'Ebreo babbo della ragazza Uliva.
      Dice lui:
      - I' son vienuto a ripigliare la mi' figliola.
      Scrama la mamma:
      - Che! Vo' dicesti, che se nun tornavi dientro dieci anni no' se ne facessi quel che ci garbava, e che la bambina 'gli era nostra.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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