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      A quella vista il Re un po' voleva lassar ire la stioppettata, un po' lo trattiense la maraviglia, e più che l'Uliva gli parse una gran bellezza: pensò anco d'urlare per impaurirla e poi saltargli addosso e chiapparla, ma in quel mentre che lui s'arrizzava con questo pensieri, l'Oliva riprendette il valico e il muraglione si riserrò di rieto a lei.
      A male brighe in nel palazzo il Re chiama il su' servitore, [328] e assieme sortirno per battere 'l bosco e cercare dappertutto la ragazza ladra, e doppo girato di qua e di là gli ebban la sorte di scoprirla a diacere nel folto della macchia in dove lei dormiva.
      Dice il Re:
      - Che ci fai te qui? Chi siei te? Che ardimento fa quello di rubbare le mi' pera? Nun lo sai? Poco c'è manco ch'i' nun t'ho ripiego lì con una stioppettata.
      L'Uliva a tutte quelle domande arrispose tutt'umile e si rifece da principio a raccontare le su' disgrazie al Re, e da ultimo cavò di sott'al grembio i moncherini tavìa sanguinenti e gliegli fece vedere.
      Scrama il Re:
      - Poera ragazza! Che birbone chi t'ha concio a codesto mo'! Delle pera nun me ne 'mporta, ma mi 'mporta che te nun resti più qui dibandonata. Vieni dientro al mi' palazzo; c'è la Regina mi' mamma, che dicerto ti farà la carità di tienerti con seco e aitarti a campare.
      Accosì l'Uliva andette assieme al Re, che la mettiede in una cammera e po' la presentò alla su' mamma, insenza però dirgli delle pera e del muraglione che s'apriva per incanto, ma soltanto che lui aveva trovo questa ragazza con le mane mozze, e solingola in mezzo al bosco.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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