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      Scrama:
      - Meglio accosì! l'avrò finito di penare, perché insenza la mi' Uliva che ci fo io 'n questo mondo?
      Ma pure, abbeneché sia facile la proposta d'ammazzarsi, poi a pensarci su si brama d'aspettare dell'altro il brutto mumento; e anco 'l Re, che era molle come un pucino bagnato, in nel trovarsi disperso per quel bosco con la paura che gli animali salvatichi lo divorasseno, gli viense di natura l'arrampicarsi su d'un albero alto e di rimanere lassù 'n vetta appollaiato insino alla levata del sole.
      A male brighe accomido, in nel voltar gli occhi per ugni verso a un tratto gli parse al Re di scorgere lontan lontano un lumicino. Guarda più attento e vede che nun isbaglia punto, sicché scambio di passar la notte in disagio tra le rame, pensò meglio d'andarsene là a domandare un po' di ricovero al coperto, e sceso che fu, a forza d'inciamponi finalmente giugnette propio alla palazzina in dove abitava l'Uliva.
      Picchia 'l Re all'uscio e dice:
      - Apritemi, ch'i' sono un galantomo. I' ero a caccia e la burrasca m'ha chiappo allo 'mprovviso e non so con questo buio in che logo mi trovo. Datemi un po' di ricovero, bona gente di casa.
      Al picchio e a queste voci l'Uliva aprì e subbito ricognobbe il Re su' marito; ma siccome lui nun fece mostra di ricognoscer lei, accosì l'Uliva stiede zitta, e soltanto con gran premuria lo menò in cammera, poi gli accendé un bel foco, lo rasciuttò per bene dal molle della pioggia, e da ultimo gli ammannì da cena, e a tutte queste faccende gli devano aiuto i su' ragazzi.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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