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      Il Re in nel frattempo badava a guardarla l'Uliva; un po' gli pareva che nun gli fosse nova la su' fisonomia, un po' s'imbrogliava nel giudicarla per la su' moglie perché gli vedeva le mane intere; i ragazzi gli erano in quel mentre d'attorno al Re e gli saltavano addosso e l'accarezzavano; e lui piagneva e rideva a tutte quelle feste, e diceva sospirando:
      - Anco io potevo avergli de' bambini accosì per consolarmi! Ma mi son morti con la mamma e tutto, e mi lassorno solo e disgraziato.
      Di lì a un po' l'Uliva, che principiava a intenerirsi, nescì dal salotto per mettere 'l foco nel letto del Re e i ragazzi la seguirno con la scusa di dargli mana.
      Allora l'Uliva gli disse:
      - Quando no' si ritorna di là, domandate ch'i' vi racconti una novella; anco s'i' ve lo niego col volervi appiccicare uno stiaffo, [333] perché smettiate di seccarmi, vo' avete a pregarmi sempre della novella. Badate d'ubbidirmi per filo e per segno.
      Arrisposano i ragazzi:
      - Sì sì, mamma, vi si contenterà.
      E 'nfatti i ragazzi rivienuti in nel salotto con l'Uliva cominciorno a bociare:
      - Mamma, arraccontateci una delle vostre novelle maravigliose.
      - Ma che vi pare! - dice l'Uliva. - Ora è troppo tardi, e questo signore si seccherebbe, stracco com'è a stare a sentire delle giuccate da ragazzi.
      - Ma sì, mamma, fatecelo questo piacere - dissano secondo l'accordo i ragazzi.
      E l'Uliva:
      - Se vo' nun vi chetate, i' vi do un par di stiaffi.
      Ma allora il Re nentrò di mezzo e disse:
      - Ma contentategli pure questi be' vostri figlioli.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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