Pagina (464/665)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma i' ti vo' aitare, perché te ti penta anco meglio e te sia perdonata un giorno o l'altro da chi pole. Intanto i' t'ho riporto la tu' mana per rimetterla al su' posto. Porgi 'l braccio.
      E 'n quel mentre la Vecchina tirò la mana fora dal pianerino e la rappiccicò al braccio della Rosina; poi gli diede robbe da mangiare, e i ferri e del filo perché facessi la calza.
      Dice:
      - Decco, i' vierrò qui a vederti tutt'i giorni all'undici, e del mangiare e del lavoro nun te ne mancherà. Infrattanto aspetta la tu' sorte, e pensa ugni sempre al tu' peccato. Addio.
      - A rivederci e grazie, - arrispose la Rosina, - e nun vi dubitate ch'i' starò all'ubbidienza.
      Delle settimane ne passorno, e la Rosina 'gli abitava lì nel bosco, e la Vecchina, come gli aveva imprumesso, andeva a trovarla ugni mattina all'undici e a ragionar con seco; quando un giorno a levata di sole comincia una canizza e un gran rumore per la macchia, sicché la Rosina dalla paura si niscondette dientro una fratta. 'Gli era il Re di que' posti, che si spassava a caccia assieme alla su' Corte.
      Successe che i cani nel [353] corrire alla cerca degli animali scoprirno la Rosina gufata tra le rame e le foglie, e si fermorno tutti a abbaiargli d'attorno; il Re co' cacciatori, concredendo ci fusse qualche liepre al covo, corsan tutti e veddano la bambina tremolante e bianca com'un panno lavato.
      Dice il Re:
      - Che ci fai te costì? Chi siei?
      Dice la Rosina:
      - I' sto qui a lavorare, e la nonna mi viene a vedere ugni giorno.
      Dice il Re:
      - Che nun gli hai il babbo e la mamma?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





Vecchina Rosina Rosina Rosina Vecchina Rosina Corte Rosina Rosina