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      Il viaggio fu fatto con grand'allegria, perché la Caterina, un po' mattaccina e sderta, rideva e schiassava sempre; ma quando furno al solito bosco, Tonino a un tratto gli disse:
      - Te lo sai chi son io?
      - Oh! - arrisponde la Caterina: - vo' me l'ate detto voi da un pezzo. Vo' siete Tonino mi' cognato.
      Dice Tonino:
      - Sì; ma son anco un capo-ladro, e gli altri mi' fratelli ènno ladri come me. No' si campa e si diventa ricchi con l'andare a rubbare la notte, e chi ci s'oppone s'ammazza diviato.
      - O birbone venduto! - scrama la Caterina.
      - Questo è un bel tradimento! E delle mi' sorelle che n'ate vo' fatto?
      Dice Tonino:
      - Le tu' sorelle i' l'ho morte, perché nun badavano all'uscio la notte, quando no' si torna carichi del rubbato; dunque anco te sta' attenta, se ti preme la tu' vita. No' s'ha bisogno d'una donna che ci tienga il quartieri ravviato, tutte le nostre robbe custodite, ci ammannisca da mangiare, e apra l'uscio quando no' si picchia, oppuramente si fischia da lontano. Nun c'è da dormire; sveglia di giorno e sveglia di notte e sempre lesta all'ubbidienza.
      In nel sentire quest'antifona gli girava a bono alla Caterina; ma siccome lei era più furba delle su' sorelle, pensò tra sé: "I' ci sono, e oramai e' mi [390] conviene di starci a questi ferri", sicché disse forte:
      - Vo' vederete che di me nun ci sarà ma' da lamentarsi.
      Arrivi che furno alla casetta de' ladri, la Caterina prendette il su' posto, ugni sempre attenta che que' cinque nun mancassin di nulla; faceva brodi di pollo e per sé mangiava le cosce, tieneva pulito le stanze come uno specchio, ravviato gli armadi della biancheria, e con il cotone del solito vecchio ben rinvolto e nette le gioie per le scatole addove quelle stevano riposte; fedele, la notte badava d'aprir l'uscio a male brighe che lei sentiva i ladri di ritorno, e dormiva soltanto accosì di straforo in nell'ore di giorno che aveva un po' di riposo.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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