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      Que' cinque gli eran tutti contenti e 'n fra di loro scramavano:
      - Ma che bona ragazza che s'è trovo!
      Dice una volta il Capo-ladro alla Caterina:
      - Te sie' sderta e ubbidiente, e no' si sta insenza pensieri. Brava la mi' Caterina! Ora, tieni. Questo è un vasetto d'unguento, custodiscilo; perché noi si potrebbe vienire a casa con qualche braccio rotto o la testa sfracasciata. Se no' si picchia, anco gli altri e' picchian noi; e chi ne busca son sua: ma con questo unguento, basta ugnerci il male e subbito si guarisce. È un unguento miracoloso.
      Dice la Caterina:
      - Sì, sì, date qua; i' vi medicherò a garbo, se occorre, nun vi dubitate. Il mi' dovere lo so fare.
      E accosì que' ladri stevano insenza sospetti e se n'andavano alle loro 'ntraprese, sicuri di ritrovare la casa in ordine e chi gli aspettava a ugni ora di notte e di giorno.
      Una sera che la Caterina era mezzo appisolata su una sieda, sente tutt'a un tratto dire fora dall'uscio a bassa voce:
      - Apri, apri.
      Lei lesta va a aprir e nentrano i ladri con un giovanotto morto 'n sulle spalle; lo portano in nella solita stanza degli ammazzati e lo buttano lì in sul mucchio; poi co' su' stioppi a armacollo se ne vanno daccapo per la campagna.
      Doppo un po' che la Caterina era rimasa sola, deccoti dalla stanza degli ammazzati comincia un ugnolìo come di persona che si rammarica:
      - Ohi! ohi!
      Subbito la Caterina s'alza e corre a vedere, e s'accorge che l'ultimo messo da' ladri tra' morti nun era morto, bensì pieno d'ammacchi e di piaghe, e quasimente svienuto.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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