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      Se nun c'erano che de' rubbamenti, manco male, co' quattrini si rimediava: ma lui ha morto tanta gente, e quella nun rinvivisce per le munete. Oramai 'gli è condannato con giustizia e a libberarlo nascerebbe qualche scandolo.
      Dice Peppe:
      - Ma i' lo vo' libbero, perché qui comando io, - e tirò fora la potenzia della corona e si fece ricognoscere per figliolo del Re; sicché nun gli apposano più nulla e gli dettano il fratello nelle su' mane.
      Lì però nun lo sapevano che fusse fratello del Principe, e lui nun volse palesarlo per rispiarmargli la vergogna. Peppe lo menò con seco alla locanda il fratello, lo rivestì di novo e il giorno doppo tutti assieme partirno dientro la medesima carrozza per seguitare il su' viaggio; ma si vedeva bene che il fratello maggiore sentiva dell'aschero contro di Peppe per la sorte che lui aveva riscontrato, e steva rincantucciato e zitto ficurando di dormire.
      Quand'ebbano viaggiato per altri otto giorni si fermorno a un paese, e appunto passava una pricissione d'incappati e di soldati, e su d'una carretta tramezzo a' preti portavano un omo a impiccare.
      Domanda Peppe:
      - Oh! che ha egli fatto codesto sciaurato?
      Dice uno:
      - 'Gli è il più gran birbone del mondo. Da signore, finito i quattrini co' vizi, diviense ladro e assassino: ma finalmente lo chiapporno e ora paga la pena de' suoi delitti.
      In quel mentre la carretta rasentò Peppe e lui ricognobbe in quel condannato il su' fratello mezzano; sicché scrama:
      - Fermate! I' vo' la grazia di quest'omo: i danni che lui ha fatto gli pago io tutti.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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