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      Chiaman dunque un taglialegna di que' loghi, gli diedano il carico, co' ordine espresso di portarlo al palazzo e con l'imbasciata, che loro forse nun tornavano, perché volevano seguitare 'l divertimento.
      Poi rifocillati alla lesta, Fiordinando e il cacciatore batterno daccapo 'l bosco per in tutti e' versi, e tanto gli erano accaniti a correr rieto alla salvaggina, che a buio si sperderno per l'affatto, uno di qua e uno di là, e abbeneché si cercassen e gli urlassano per chiamarsi, fu propio inutile e nun gli rinuscì arritrovarsi.
      A notte scura, Fiordinando stracco e rifinito lui e 'l cavallo, scendette giù di sella per riposarsi e s'addoppò sieduto a piè d'un albero soprappensieri per la pena di quello smarrimento, quando a un mezzo miglio lontano gli parse di vedere tra le piante il luccichìo d'un lume; sicché preso 'l cavallo per la briglia s'avviò rincontro allo splendore, e arrivo a un piazzale, gli s'affaccia davanti un bel palazzo signorile, addove in sul portone spalancato ci steva un brutto mostro orrendo co' una torcia accesa 'n mano.
      Fra la sorpresa e 'l sospetto viense Fiordinando lemme lemme a petto al mostro e gli addomandò se ci fusse modo di essere albergato lì; ma 'l mostro nun oprì la su' bocca, bensì co' un accenno disse a Fiordinando d'andargli rieto, e dapprima lo menò nella stalla per accomidarvi la bestia, poi lo fece salire in un salotto col su' camminetto acceso, de' rinfreschi e un mazzo di sigari, e insenza profferire una parola ce lo lassò con tutta libertà.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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