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      Anselmo a questa nova si sentette male, perché nun poteva disubbidire al Papa insenza un gran gastigo, e da un altro canto gli s'aggricciava la pelle al pensieri di lassar l'Argia a Bologna, lui stando per tanto tempo lontano: epperò, prima di partire, volse cognoscere la su' sorte, e a questo fine andiede dal Filosafo veneziano, che era un indovino di cartello, a prendere il su' parere.
      Dice:
      - Ma che posso propio dilontanarmi al sicuro che la mi' sposa nun mi farà le fusa torte?
      - Eh! caro mio, - gli arrispose il Filosafo, - son troppi e' punti di simili pericoli. Una donna pole cascare per ambizione, pole cascare per capriccio, pole cascare per 'nteresso, pole cascare per abbattersi in uno che gli garba. 'Gli è tutta fede, caro mio, e bisogna rimettersi al destino.
      Sicché dunque Anselmo torno a casa con quella risposta, concredendo d'assicurarsi più meglio, menò l'Argia a una villetta deserta e ce la lassò con diversi su' fidati servitori e una camberiera, e con ordine che lei nun avess'a discorrire con anima viva di fora; poi partì per Roma.
      A que' medesimi giorni Petronio, ma' fermo in un logo, girandolava per il mondo a piedi e campava di carità.
      Una mattina deccoti che arriva a una siepe folta di spini e vede un omo che co' un bastone ferrato steva arrabinato a frucandolare per entro lo spineto, sicché lui curioso di scoprire quel che cercassi quell'omo, dice:
      - Che avete vo' perso? Son capace ad aitarvi?
      Arrisponde l'omo:
      - Che! i' nun ho perso nulla. Ma una serpaccia spropositata s'è niscosta qui, e i' la vo' ammazzare.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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