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      Ma in generale quello era il regno dei furbi; e soltanto colla furberia il minuto popolo trovava il bandolo di ricattarsi dalle sofferte prepotenze. Nel diritto forense friulano l'astuzia degli amministrati faceva l'uffizio dell'equitas nel diritto romano. L'ingordigia e l'alterezza degli officiali e dei rispettivi padroni segnavano i confini dello strictum jus. Comunque la sia, se al di qua del Tagliamento predominava fra i castellani il partito veneziano, al quale si vantavano di appartenere da tempo immemorabile i Conti di Fratta; al di là invece la fazione imperiale padroneggiava sfacciatamente, la quale, se cedeva all'emula in popolarità ed in dovizia,
      le era di gran lunga soprastante per operosità, e per audacia. Tuttavia anche in essa v'avea chi la prendeva calda e chi fredda; chi stava nel tiepido; e questi come sempre erano i dappoco e i peggiori. La giustizia sommaria esercitata spesse volte dal Consiglio dei Dieci sopra alcuni imprudenti, accusati di congiurare in favor degli imperiali e a detrimento della Repubblica, non era fatta per incoraggiare le mene dei sediziosi. Sebbene cotali scoppii erano troppo rari perché ne durasse a lungo lo spavento; e le trame continuavano tanto piú frivole ed innocue quanto piú i tempi si facevano contrari e il popolo indifferente ad artificiali e non cercate innovazioni.
      Al tempo di Maria Teresa tre castellani del Pedemonte, un Franzi, un Tarcentini e un Partistagno furono accusati di fomentare l'inquietudine del paese e di adoperarsi a volger l'animo delle Comunità in favor dell'Imperatrice.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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