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      Cosí č l'indole dei paesi montani che nelle loro creste di granito serbano assai a lungo l'impronte degli antichi tempi; ma siccome il Friuli č un piccolo compendio dell'universo, alpestre piano e lagunoso in sessanta miglia da tramontana a mezzodí, cosí vi si trovava anche il rovescio della medaglia. Infatti al castello di Fratta durante la mia adolescenza io udiva sempre parlare con raccapriccio dei castellani dell'alta; tanto il venezianismo era entrato nel sangue di quei buoni conti. E son sicuro che questi furono scandolezzati piú che gli stessi Inquisitori del rinfresco servito al Messer Grande per opera del Partistagno.
      Ma la giustizia alta, bassa, pubblica, privata, legislativa ed esecutiva della Patria del Friuli mi ha fatto uscire di mente il grandioso focolare, intorno a cui al lume delle due lucernette e allo scoppiettante fiammeggiar del ginepro io stava ricomponendo le figure che vi solevano sedere i lunghi dopopranzi della vernata al tempo della mia infanzia. Il Conte colla sua ombra, monsignor Orlando, il capitano Sandracca, Marchetto cavallante e ser Andreini il primo Uomo della Comune di Teglio. Questo č un nuovo personaggio di cui non ho ancora fatto parola, ma bisognerebbe discorrerne a lungo per dare un'idea del cosa fosse allora questo ceto mezzano campagnuolo fra la signoria e il contadiname. Cosa fosse davvero, sarebbe un intruglio a volerlo capire; ma cosa volesse sembrare posso dirlo in due tratti di penna. Voleva sembrare umilissimo servitore nei castelli e confidente del castellano e perciň secondo padrone in paese.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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