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      A dirla schietta come l'ho saputa poi, la nobildonna non si era piegata che a malincuore a quel matrimonio con un castellano di terraferma; ché le sembrava di cascare nelle mani dei barbari, avvezza com'era alle delicature ed agli spassi delle zitelle veneziane. Ma obbligata a far di necessità virtù, l'aveva cercato rimediare a quella disgrazia col tirare di tempo in tempo suo marito a Venezia; e là si era vendicata del ritiro provinciale cogli sfoggi, colle galanterie, e col farsi corteggiare dai piú avvenenti damerini. Il ritratto che portava al petto doveva essere del piú avventurato fra questi; ma dicevano che quel tale le fosse morto d'un colpo d'aria buscato di sera andando in gondola con lei; e dopo non ne avea piú voluto sapere ed erasi ritirata per sempre a Fratta con grande compiacenza del signor Conte. Quando questo atroce caso avvenne la nobildonna volgeva alla quarantina. Del resto la Contessa passava le lunghe ore sul genuflessorio, e quando mi incontrava o sulla porta della cucina o per le scale, mi tirava alcun poco i capelli nella cuticagna, unica gentilezza che mi ricorda aver ricevuto da lei. Un quarto d'ora per giorno lo impiegava nell'assegnar il lavoro alle cameriere, e il restante del suo tempo lo passava in un salotto colla suocera e le figlie, facendo calze e leggendo la vita del santo giornaliero.
      La vecchia madre del Conte, l'antica dama Badoer, viveva ancora a que' tempi; ma io non la vidi che quattro o cinque volte, perché la era confitta sopra una seggiola a rotelle dalla vecchiaia e a me era inibito entrare in altra camera che non fosse la mia ove dormiva allora colla seconda cameriera o come la chiamavano colla donna dei ragazzi.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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