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      Le due compagnie s'incontravano ad un passatoio ch'era fra i due paesi sulla strada vecchia; il Cancelliere si fermava col cappello abbassato fino a terra. Monsignore faceva ala colla mano alzata in segno di saluto, ed il Conte s'avanzava fino a mezzo il passatoio per porger la mano alla Contessa. Dopo questa passava la contessina Clara, quando la vi era poiché sovente rimaneva presso la nonna, e in coda o il Piovano, o il Cappellano, o il signor Andreini, o la Rosa, o qualunque altro fosse della brigata. Tornavano cosí di conserva verso il castello, camminando a due a due o piú spesso ad uno ad uno per la nefandità della strada. E quando vi giungevano, Agostino correva ad accendere nel tinello una gran lucerna d'argento sulla quale era inalberata, in luogo di manico, l'arma di famiglia; un cignale fra due alberi colla corona di conte a ridosso. Il cignale era piú grande degli alberi e la corona piú grande di tutto. Benché il Conte annettesse una grande importanza a quel lavoro, si conosceva a prima vista che Benvenuto Cellini non vi era immischiato. In quel frattempo la cuoca metteva al fuoco una gran cocoma per farvi il caffè; e la comitiva lo attendeva in tinello continuando la conversazione del passeggio. Ma il dopopranzo era distribuito a questo modo solo durante i bei mesi, e quando il tempo era piucché asciutto. Del resto tanto il signor Conte che Monsignore non uscivano dalle loro stanze che per impancarsi al fuoco di cucina: e là si congregava la famiglia a far loro corteggio fino all'ora del gioco.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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