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      Il caffè in quelle circostanze essi lo prendevano al focolare, e poi movevano insieme verso il tinello dove i tavolini eran già preparati, e li seguiva, camminando sulla punta dei piedi, tutta la compagnia. La Contessa sola era là ad attenderli perché la contessina Clara non scendeva che un'ora piú tardi dopo aver coricato la nonna. Qualche volta peraltro la moglie del Capitano avea la fortuna di prender il caffè insieme alla Contessa, e quello era un segno che le cose della giornata non avrebbero potuto camminar meglio. La signora Veronica si mostrava molto altiera di quell'onore, e guardava d'alto in basso suo marito se egli veniva dinanzi a lei, come soleva, ad arricciarsi i baffi prima di sedere. Quando la conversazione non era che di famiglia, due tavolini di tresette bastavano; ma se vi erano visite od ospiti, cosa che non mancava mai di succedere tutte le sere d'autunno e, nel resto dell'anno, la domenica, allora si invadeva la gran tavola col mercante in fiera, col sette e mezzo, o colla tombola. I puritani come Monsignore e il Cancelliere, che non amavano i giochi di sorte, si ritraevano da un canto col tresette in tavola; e il Capitano, che diceva di aver sempre contraria la fortuna, andava in cucina a giocar all'oca col cavallante o con Fulgenzio. In fondo in fondo io credo che la posta di due soldi, quale la si costumava in tinello, fosse troppo arrischiata per lui; e si trovava meglio col bezzo e col bezzo e mezzo di cucina. Io intanto, dopo aver giocato colla Pisana fino al cader del sole, quando la Faustina la prendeva per metterla a letto, mi incantucciava sotto la cappa a farmi contar fiabe da Martino o da Marchetto.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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