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      S'imbacuccava ben bene nel ferraiuolo, imbracciava la coreggia del moschetto coll'indispensabile fanale sulla cima, e balzato in arcione usciva di gran trotto dal ponte levatoio assicurandosi colla mano se nelle fonde laterali v'erano ancora le pistole. Cosí passava via come un fantasma per quelle stradaccie tenebrose e infossate, ma le piú volte si fermava a dormire a San Mauro, due miglia discosto, dove sopra un suo podere s'avea accomodate per maggior comodo quattro stanze d'una casa colonica. La gente del territorio aveva un profondissimo rispetto pel Partistagno, pel suo moschetto e per le sue pistole; ed anco pei suoi pugni, quando non aveva armi; ma quei pugni pesavano tanto, che dopo buscatine un paio nello stomaco non si avea d'uopo né di palla né di pallini per andarne al Creatore.
      Il Vianello invece veniva e partiva le sere a piedi, col suo fanaletto appeso al bastone e proteso davanti come la borsa del santese durante i riposi della predica. Pareva non avesse armi; benché cercandogli forse nelle tasche si avrebbe trovata un'ottima pistola a due canne, arma a quei tempi non molto comune. Del resto, essendo egli figliuolo del medico di Fossalta, partecipava un poco dell'inviolabilità paterna e nessuno avrebbe osato molestarlo. I medici d'allora contavano, secondo l'opinione volgare, nel novero degli stregoni; e nessuno si sentiva tanto ardito di provocarne le vendette. Ne fanno tante, senza saperlo, ora (delle vendette); al secolo passato ne facevano tre doppi piú; figuratevi poi se vi si fossero accinti con premeditazione!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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