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      - mi misi a gridare stringendomela di tutta forza sul cuore.
      - Non gridar tanto che ci sentano poi in cucina - rispose ella accarezzandomi sulla fronte. - Cos'hai qui? - la aggiunse sentendosi bagnata la mano e guardandola contro il chiaro del lume.
      - Sangue, sangue; sei tutto insanguinato!... Hai qui sulla fronte un'ammaccatura che ne getta fuori a zampilli!... Cos'hai fatto? sei forse caduto o hai dato in qualche spino?
      - No, non fu nulla... è stato contro la merletta della porta - risposi io.
      - Bene, bene; comunque la sia, lascia far a me a guarirti - soggiunse la Pisana. E mi mise la bocca sulla ferita baciandomela e succiandomela, come facevano le buone sorelle d'una volta sul petto dei loro fratelli crociati; e io le veniva dicendo:
      - Basta, basta, Pisana: ora sto benissimo! non mi accorgo nemmeno piú d'essermi fatto male!
      - No, esce ancora un poco di sangue - rispondeva ella, e mi teneva ancora la bocca sulla fronte, serrata con tal forza che non pareva una bambina di otto anni.
      Finalmente il sangue fu stagnato, e la vanerella insuperbiva di vedermi tanto beato come era di quelle sue carezze.
      - Sono venuta su allo scuro tastando le muraglie - la mi disse - ma dabasso sono a cena, e non avea paura che mi scoprissero. Ora poi che ti ho guarito, mi tocca scender ancora perché non mi trovino per le scale.
      - E se ti trovassero?
      - Oh bella! faccio le viste di sognare!
      - Sí; ma mi dispiace quasi, che tu arrischi cosí di buscarti dalla mamma qualche castigo.
      - Se dispiace a te, a me non importa, anzi mi piace - ella rispose con un atto di vezzosa superbietta, squassando la testa all'indietro per liberarsi la fronte dai capelli disciolti che la avevano ingombra.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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