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      - Martino, Martino, come sta dunque Carletto?
      Martino dovette aver capito e le avrà anche risposto, ma io non ne intesi nulla: solamente lo vidi entrar di lí a poco colla boccetta della medicina e mi disse che la Contessa lo aveva incontrato per la scala e domandatogli se era vero che mi fossi spaccata la fronte contro la parete per la disperazione.
      - È vero questo? - soggiunse il buon Martino.
      - Non so - io gli risposi - ma ieri sera era cosí scaldato che posso aver fatto delle sciocchezze senza che ora me ne ricordi.
      - Non te ne ricordi? - soggiunse Martino che poco m'aveva capito.
      - No, no, non me ne ricordo - ripresi io. Ed egli non rimase affatto contento d'una tale risposta poiché gli pareva a lui che dopo aversi conciato il muso a quel modo per un pezzo dovesse durarne buonissima memoria.
      La medicina fece il suo effetto, migliore forse e piú improvviso che nessuno si sarebbe aspettato, perché il giorno stesso m'alzai; e quanto al castigo inflittomi dalla Contessa non se ne parlò piú. Gli è vero peraltro che non si parlò neppure di ristabilirmi nella camera della Faustina, e che il mio canile rimase definitivamente nell'appartamento di Martino. Come si può immaginare, la voglia di riveder la Pisana dopo quell'improvvisata della notte scorsa ci ebbe un gran merito nella mia repentina guarigione; e quando discesi in cucina, mia prima cura fu quella di cercarla. La famiglia avea finito il pranzo allora allora; e Monsignore incontrandomi per la scala mi accarezzò il mento contro ogni suo solito, e mi guardò le ammaccature della fronte, le quali poi non erano quel gran malanno.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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