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      - Il piovano di Venchieredo fa i tridui tanto per l'arsura che per la brina, e a me il pregare per questa o per quella non cresce minimamente l'incommodo.
      Come è vivace e piacevole!
      pensò Leopardo; e questo pensiero gli distolse il cervello da quella faticosa inchiesta d'interrogazioni cosí ben riuscita infin allora.
      - Ha preso molto selvatico? - si decise a dimandar la Doretta vedendolo tacere e non volendo trascurare una sí peregrina occasione di trastullarsi.
      - Oh! - sclamò il giovine, come accorgendosi solo in quel momento di aver il fucile ad armacollo.
      - L'avverto che ha dimenticato a casa la pietra! - continuò la furbetta. - O sarebbe un'arma di nuovo stampo?
      L'archibugio di Leopardo rimontava alla prima generazione delle armi da fuoco, e converrebbe averlo veduto per capire tutta la malizia di quella finta ingenuità.
      - È un antico schioppo di famiglia - rispose gravemente il giovine che ci avea meditato sopra assai e ne conosceva per tradizione nascita vita e miracoli. - Esso ha combattuto in Morea col mio trisarcavolo; mio nonno ha ucciso col medesimo ventidue beccaccini in un giorno; cosa che potrebbe fin sembrare incredibile, ove si osservi che bisognano dieci buoni minuti a caricarlo, e che dopo l'accensione della polvere nel bacinetto, lo sparo tarda mezzo minuto ad uscire. Infatti mio padre non arrivò mai a colpirne piú di dieci ed io non oltrepassai fin'ora il numero di sei. Ma i beccaccini si vengono educando alla malizia, e in quel mezzo minuto che lo sparo s'incanta, mi scappano un mezzo miglio lontano.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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