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      - cominciò il feudatario.
      - Eh!... non saprei... anzi... s'accomodi... il piacer è il mio - balbettò il prete.
      - Non pare che sia un gran piacere - proseguí il castellano. - Ella ha il viso piú sparuto del suo collare, reverendo. O forse, - continuò volgendo un'occhiata beffarda alla Giustina - son io venuto a distrarlo da qualche sua occupazione canonica?
      - Oh, si figuri! - bisbigliò il Cappellano - io mi occupo... Giustina, metti su dunque l'acqua pel caffè; oppure la cioccolata? Vuole la cioccolata, signor Conte?... Eccellenza?
      - Andate a curare i polli, ché ho da parlar da solo al reverendo - ripigliò il castellano rivolto alla Giustina.
      Costei non se lo fece dire due volte e sguisciò nel cortile tenendo ancora in mano il rasoio. Egli allora s'accostò al Cappellano, e presolo per un braccio, lo trasse fin sotto il focolare, ove senza pur pensarvi l'abate si trovò seduto sopra una panca.
      - Ed ora a noi - proseguí il castellano, sedendogli rimpetto. - Già una fiammata appena alzati non guasta la pelle neppur d'estate, dicono. Mi dica in coscienza, reverendo! Fa ella il prete o il contrabbandiere?
      Il poveretto ebbe un brivido per tutta la persona, e gli si torse talmente il grugno, che per quanto si racconciasse il collare si grattasse le labbra, non gli venne piú fatto di rimetterlo in sesto per tutto il dialogo susseguente.
      - Son due mestieri ambidue e non faccio confronti - andò innanzi l'altro. - Domando solamente per mia regola quale ella intende esercitare. Pei preti ci sono le elemosine, i capponi e le decime: pei contrabbandieri le fucilate, le prigioni, e la corda.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Giustina Cappellano Conte Giustina Cappellano