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      Il Conte mosse verso di lui un tacito e impotente gesto di preghiera di paura e di disperazione; uno di quei gesti che annaspano per aria le braccia d'un annegato prima di abbandonarsi alla corrente. Indi, quando l'uscio fu rinchiuso, si rassettò la veste gallonata, e alzò timidamente gli occhi come per dire: portiamola con dignità!
      - Ho piacere ch'ella mi abbia accolto con tanta confidenza, - riprese allora il Venchieredo - ciò dimostra chiaro che finiremo coll'intenderci. E in fin dei conti l'ha anche fatto bene, perché debbo appunto intrattenerla d'un affare di confidenza. N'è vero che ci intenderemo, signor Conte? - aggiunse il volpone avvicinandosegli per stringergli furbescamente la mano.
      Il signor Conte fu discretamente consolato di quel segno d'affetto: si lasciò stringer la mano con una leggiera impazienza, e non appena la sentí libera se la nascose frettolosamente nella tasca della zimarra. Credo che gli tardasse l'ora di correre a lavarsela, perché il Vice-capitano non fiutasse da Portogruaro l'odore di quella stretta. - Sí signore; - rispose egli impiastricciando un sorrisetto che per la fatica gli cavò dagli occhi due lagrime - sí signore, credo... anzi... ci siamo intesi sempre!
      - Ben parlato, giuraddio! - soggiunse l'altro sedendogli allato sopra una poltroncina. - Ci siamo sempre intesi e c'intenderemo anche questa volta in barba a chiunque. La nobiltà, per quanto diversa di costumi, d'indole, e di attinenze, ha pur sempre interessi comuni; e un torto fatto ad uno de' suoi membri ricade sopra tutti.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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