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      Quei bravacci che attorniavano il castello d'ogni lato guastarono assai la buona impressione che dovea esser prodotta dalle notizie della Clara. Tutti sorrisero colle labbra al colombo della buona nuova, ma negli occhi lo sgomento durava peggio che mai e non sorrideva per nulla.
      - Ma dunque siam proprio assediati come se fossero Turchi coloro! - sclamò la Contessa giungendo disperatamente le mani.
      - Si consoli che l'assedio non è poi tanto rigoroso se io ho potuto penetrare fin qui; - soggiunse Lucilio - gli è vero che il merito è tutto del Carlino, e che se non lo avessi incontrato lui, difficilmente avrei potuto orientarmi cosí presto e farmi gettar la tavola da Marchetto.
      Gli occhi della brigata si volsero allora tutti verso di me con qualche segno di rispetto. Alla fine capivano che io era buono ad altro che a girare l'arrosto, ed io godetti dignitosamente di quel piccolo trionfo.
      - Sei anche stato all'osteria? - mi chiese il fattore.
      - Vi dirà tutto il signor Lucilio - risposi modestamente. - Egli ne sa piú di me perché ha avuto che fare, credo, con quei signori.
      - Ah! e cosa dicono? pensano d'andarsene? - domandò ansiosamente il Conte.
      - Pensano di rimanere; - rispose Lucilio - per ora almeno non c'è speranza che levino il campo, e bisognerà ricorrere al Vice-capitano di Portogruaro per deciderli a metter la coda fra le gambe.
      Monsignor Orlando mandò un'altra e piú espressiva occhiata alla cuoca; il canonico di Sant'Andrea si accomodò il collare con un leggero sbadiglio: in ambidue i reverendi i bisogni del corpo cominciavano a gridar piú forte delle afflizioni dello spirito.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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