Pagina (293/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Non si badò a distinzione di quarti o di persone. In cucina in tinello in sala nella dispensa ognuno mangiò e bevve, come e dove voleva. Le famiglie del fattore e di Fulgenzio furono convitate al banchetto trionfale; e soltanto fra un boccone ed un brindisi la morte di Germano e la sparizione del sagrista e del Cappellano richiamarono qualche sospiro. Ma i morti non si movono e i vivi si trovano. Di fatti il pretucolo e Fulgenzio capitarono non molto dopo, cosí pallidi e sformati che parevano essere stati rinchiusi fin allora in un cassone di farina. Uno scoppio di applausi salutò il loro ingresso, e poi furono invitati a contare la loro storia. La era in verità molto semplice. Ambidue, dicevano, senza farsi motto l'uno dell'altro, al primo giungere dei nemici erano corsi a Portogruaro per implorar soccorso; e di là infatti capitavano col vero soccorso di Pisa.
      - Che? sono lí fuori i signori soldati? - sclamò il signor Conte che non si era ancora accorto di aver perduto la perrucca. - Fateli entrare!... Su dunque, fateli entrare!
      I signori soldati erano sei di numero compreso un caporale, ma in punto a stomaco valevano un reggimento. Essi giunsero opportuni a spazzar i piatti degli ultimi rimasugli dei porcellini arrostiti e a ravvivar l'allegria che cominciava già a maturarsi in sonno. Ma poi ch'essi furono satolli e il canonico di Sant'Andrea ebbe recitato un Oremus in rendimento di grazie al Signore del pericolo da cui eravamo scampati, si pensò sul serio a coricarsi. Allora, chi chiappa chiappa, uno qua ed uno là, ognuno trovò il proprio covo, la gente di rilievo nella foresteria, gli altri chi nella frateria, chi nelle rimesse, chi sul fienile.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Fulgenzio Germano Cappellano Fulgenzio Portogruaro Pisa Conte Sant'Andrea Oremus