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      Ne volete di piú?... I veneziani di Portogruaro erano riesciti collo studio di molti secoli a disimparare il barbaro e bastardo friulano che si usa tutto all'intorno, e ormai parlavano il veneziano con maggior caricatura dei veneziani stessi. Niente anzi li crucciava piú della dipendenza da Udine che durava a testificare l'antica loro parentela col Friuli. Erano come il cialtrone nobilitato che abborre lo spago e la lesina perché gli ricordano il padre calzolaio. Ma purtroppo la storia fu scritta una volta, e non si può cancellarla. I cittadini di Portogruaro se ne vendicavano col prepararne una ben diversa pel futuro, e nel loro frasario di nuovo conio l'epiteto di friulano equivaleva a quelli di rozzo, villano, spilorcio e pidocchioso. Una volta usciti dalle porte della città (le avean costruite strette strette come se stessero in aspettativa delle gondole e non delle carrozze e dei carri di fieno) essi somigliavano pesci fuori d'acqua, e veneziani fuori di Venezia. Fingevano di non conoscere il frumento dal grano turco, benché tutti i giorni di mercato avessero piene di mostre le saccoccie; e si fermavano a guardar gli alberi come i cani novelli, e si maravigliavano della polvere delle strade, quantunque sovente le loro scarpe accusassero una diuturna dimestichezza con essolei. Parlando coi campagnuoli per poco non dicevano: - voi altri di terraferma! - Infatti Portogruaro era nella loro immaginativa una specie di isola ipotetica, costruita ad immagine della Serenissima Dominante non già in grembo al mare, ma in mezzo a quattro fossaccie d'acqua verdastra e fangosa.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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