Pagina (315/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Che non fosse poi terraferma lo significavano alla lor maniera le molte muraglie e i campanili e le facciate delle case che pencolavano. Credo che per ciò appunto ponessero cura a piantarle sopra deboli fondamenti. Ma quelle che erano proprio veneziane di tre cotte erano le signore. Le mode della capitale venivano imitate ed esagerate con la massima ricercatezza. Se a San Marco i toupé si alzavano di due oncie, a Portogruaro crescevano un paio di piani; i guardinfanti vi si gonfiavano tanto, che un crocchio di dame diventava un vero allagamento di merletti di seta e di guarnizioni. Le collane, i braccialetti, gli spilloni, le catenelle innondavano tutta la persona; non voglio guarentire che le gemme venissero né da Golconda né dal Perù, ma cavavano gli occhi e bastava. Del resto quelle signore si alzavano a mezzodí, impiegavano quattro ore alla teletta, e nel dopopranzo si facevano delle visite. Siccome a Venezia le gran conversazioni erano di teatri, d'opere buffe e di tenori, esse si tenevano obbligate a discorrere di questi stessi argomenti; cosí il teatro di Portogruaro, che stava aperto un mese ogni due anni, godeva il raro privilegio di far parlare di sé un centinaio di bocche gentili per tutti i ventitré mesi intermedi. Esaurita questa materia si calunniavano a vicenda con un'ostinazione veramente eroica. Ognuna, ci s'intende, aveva il suo cicisbeo, e cercava di rubarlo alle altre. Taluna portava questa moda tant'oltre che ne aveva due e perfino tre; con diritti variamente distribuiti.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





San Marco Portogruaro Golconda Perù Venezia Portogruaro