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      - Cosí pure la mia pelle non rimanendo piú esposta al sole e alle intemperie s'era di molto incivilita. Scopersi che la era perfino bianca, e che i miei grandi occhi castani valevano quanto quelli di qualunque altro; la corporatura mi cresceva alta e svelta ogni giorno piú; aveva una bocca non disaggradevole, e dentro una bella fila di denti, che se non stavano troppo vicino per non darsi noia, splendevano tuttavia come l'avorio. Soltanto quelle maledette orecchie, colpa le tirate del Piovano, prendevano troppo spazio nella mia fisonomia; ma tentava di correggere il difetto dormendo una notte su un fianco e una notte sull'altro per dar loro una piega piú estetica. Basta! me le palpo ora e m'accorgo di esservi riescito mediocremente. Martino peraltro non si stancava dall'ammirarmi dicendomi: - È proprio vero che la bellezza per isbocciare vuol essere strapazzata. Va' che tu sei il piú bel Carlino di tutti i dintorni, e sí che sei nato dalla cenere del focolare e la piú parte del latte te l'ho data io. - Il pover'uomo diventava gobbo mano a mano che io m'ingrandiva; oramai le forze gli mancavano; grattava il formaggio stando seduto e non ci udiva piú a sbarrargli i cannoni nell'orecchio. Niente importava; io e lui seguitavamo a intendercela a cenni e credo che il restar solo al mondo e il viverci senza di me sarebbe stata per lui uguale disgrazia. Quanto alla padrona vecchia egli saliva sí a tenerle compagnia durante le assenze della Clara, ma la diversità di abitudini, la lontananza in cui vivevano, negavano loro lo aver comuni quei segni d'intelligenza con cui si arriva a farsi capire dai sordi.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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