Pagina (344/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Premio de' miei sforzi, della mia devozione, raccoglieva invece la dimenticanza e l'ingratitudine. E neppure si scordava di me per un altro amore; ché allora almeno avrei avuto il conforto della lotta, dell'odio, della vendetta. No, mi gettava via come un arnese disutile, per correr dietro a un vano splendore di superbia, per invaghirsi pazzamente d'un sogno mostruoso e impossibile. L'abborrimento contro Lucilio che in principio avea concepito, era caduto a poco a poco in un rabbioso disprezzo per la Pisana. Lucilio per lei era un vecchio, egli non le avea sembrato mai né bello né amabile: ci erano voluti gli omaggi delle altre perché ella apprezzasse i suoi pregi troppo alti e virili al suo criterio ancor fanciullesco. Io mi vedeva sacrificato senza rimorso alla vanità.
      - No, ella non ha un briciolo di cuore, né un barlume di memoria, né un avanzo di pudore! Sí, la disprezzo come merita, la disprezzerò sempre! - gridava dentro di me.
      Povero fanciullo! Io cominciava infin d'allora a disprezzare e ad amare: tormento terribile fra quanti la crudele natura ne ha preparato a' suoi figliuoli; battaglia e pervertimento d'ogni principio morale; servitù senza compenso e senza speranza nella quale l'anima, che pur vede il bene e lo ama, è costretta a curvarsi a pregare a supplicare dinanzi all'idolo del male. Io aveva troppo cuore e troppa memoria. Le rimembranze dei primi affetti infantili mi perseguitavano senza misericordia. Io fuggiva indarno; indarno mi volgeva a combatterle colla ragione; piú antiche della ragione esse conoscevano tutte le pieghe, tutti i nascondigli dell'anima mia.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Lucilio Pisana