Pagina (373/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La tonaca nera era d'un tessuto cosí fitto, cosí fitto, che gli sguardi ci spuntavano contro; e il giovinotto si vedeva costretto a lavorare coll'immaginazione.
      Finalmente venne il giorno che il padre Pendola lasciò spiegare alla Contessa quel suo disegno cosí a lungo accarezzato. Egli avea saputo quanto gli occorreva sapere; avea preparato ciò che bisognava preparare; non temeva piú, anzi bramava che la Contessa ricorresse a lui per poterle con bel garbo rispondere: "Signora mia, questo io prometto a lei, se ella promette quest'altro a me!" - Ora, domanderete voi, cosa desiderava l'ottimo padre? - Una minuzia, figliuoli, una vera minuzia! Siccome maritando il signor Raimondo colla contessina Clara, il precettore diventava una bocca inutile nel castello di Venchieredo, cosí egli aspirava al posto di maestro di casa presso il Senatore. La dama Frumier aveva fama di divota; egli l'aveva toccata sopra questo tasto e il tasto aveva corrisposto bene: restava alla cognata il compir l'opera, se pure voleva vedere accasata la figlia in modo tanto onorevole. Il povero padre era stanco, era vecchio, era amante dello studio; quello era un posto di riposo che gli sarebbe sembrato la vera anticamera del paradiso; il prete che lo occupava allora desiderava una cura d'anime; potevano accontentarlo e insieme accontentar lui che non si sentiva piú né lena né sapienza bastevoli per lavorare operosamente nella vigna del Signore. S'intende sempre che l'ottimo padre insinuò queste cose in maniera da sembrare che la Contessa gliele strappasse dalle labbra, e non che egli ne la pregasse lei.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Pendola Contessa Contessa Raimondo Clara Venchieredo Senatore Frumier Contessa